La giustizia non si può sostituire all’etica politica.
Nel nostro Paese la fine della prima repubblica ha spazzato via i partiti storici e, con loro, le ispirazioni ideali che hanno continuato a caratterizzare le forze di destra, centro e sinistra, nel resto d’Europa. Ad essi sono subentrate delle organizzazioni politiche prive di fondamenti storici (Forza Italia, Lega, Italia dei Valori,ecc…) impegnati alla loro ricerca (Partito Democratico) o in fase di ricostruzione ( ex-comunisti, verdi, socialisti, ecc).
In questi anni la politica priva di ogni spinta ideale si è rifugiata in un pragmatismo di mestiere. L’etica del mercato e del mercanteggiare si è trasferita anche alla politica diventata un mestiere. Un mestiere che si autoalimenta con la gestione del potere che da mezzo si è trasformato in fine.
In questo contesto l’etica è rimasta fuori non per errore umano, come poteva succedere in passato (incidenti di percorso ce ne sono sempre stati) ma per definizione.
Rimane l’etica come bagaglio dei comportamenti individuali, ma questo è tutto un altro discorso.
Se la giustizia intende perseguire il singolo cittadino nell’illecito fa solo il proprio mestiere, ma questo riguarda tutti i cittadini nessuno escluso. Questo però significa anche garantire la giustizia a tutti i cittadini senza arrogarsi il diritto di aprire inchieste e portare in giudizio la morale politica mentre altri cittadini in attesa di giustizia soffocano tra montagne di ingiustizie.
In altre parole, i giudici non possono rischiare di trasformarsi od apparire, spesso supportati anche dai media, in giustizieri della morale politica.
Per questo in democrazia c’è il voto.
mercoledì 23 gennaio 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento