Non buca lo schermo? Non passa.
(Giuliano Ferrara su Panorama)
Commento all’articolo: “politici, sapersi vendere è tutto”.
In altre parole: saper comunicare per vincere.
Questo conferma l’importanza della comunicazione, la cui diffusione sembra inarrestabile, moltiplicandosi di giorno in giorno sia nelle tipologie che nella potenza invasiva. Tutto ciò crogiola e diverte la curiosità tecnologica nonché il desiderio di molti d’interagire col mondo dell’apparire, mentre, contemporaneamente spaventa l’idea dei tanti cretini che popolano l’universo delle telecomunicazioni.
In futuro, non dovremo solo preoccuparci che qualche cretino manipoli malamente una delle tante bombe atomiche che girano per il nostro pianeta, sopra e sotto le nostre teste, ma anche che qualche altro cretino non “buchi sulla scena mondiale”.
La sola alternativa che ci resta è di attrezzarci al meglio, propagando l’idea che bisogna “prepararci”, valutando le competenze e “riconsiderando” i valori dell’essere, per evitare di “farci bucare” dai cretini dell’apparire.
Felice 2008
mercoledì 26 dicembre 2007
domenica 23 dicembre 2007
Lo scempio del traffico degli animali esotici ed altri canti di Natale
Animali strappati dal proprio habitat per qualche capriccio in più.
Portati a soffrire e a morire in ambienti estranei, per far felice qualche bimbo, figlio di qualcuno che ha soldi da buttare assieme al proprio rispetto per la natura e quindi anche per il futuro di suo figlio.
Un massacro che regge traffici di ogni genere con volumi d’affari esponenziali, dove tutto conta: il denaro, la moda, l’esibizione,…fuorché il rispetto della natura.
La TV lo racconta di tanto in tanto alla mensa del belpaese, in diretta con il Tg, magari alla vigilia delle feste natalizie, con qualche immagine dei poveri animali in sofferenza, accanto al servizio del carovita o dell’ultima storia di cronaca nera, appassionante quanto una fiction.
Gli animali sono li a guardarci supplichevoli, spaesati e stupiti come i milioni di bimbi in sofferenza nel mondo. Tutti sembrano bucare la TV per chiamarci all’appello, per fare qualcosa.
Non allarmiamoci, non sono affari nostri. E’ solo informazione giornalistica…
Infatti, subito dopo il servizio sui poveri animali la conduttrice del Tg, evidentemente preoccupata di non disturbare troppo la nostra tavola (vuoi mettere il piacere delle fiction-horror serali raccontati con mille dettagli stimolanti), - evita qualsiasi commento sullo scempio e passa direttamente ai cartoni animati con protagonisti vivaci e felici animaletti - .
Superficialità, mestiere, esigenze commerciali e/o pubblicitarie, qualche marchetta indiretta ma in... diretta.Non saprei….
Suggerisco però di osservare come ci vengono somministrate le notizie dai mass media per capire dove va il belpaese, ma…
non allarmiamoci e, se ancora non ci hanno convinto, ricordiamoci che il messaggio che ci ripetono in continuazione è “non sono affari vostri”.
E’ solo informazione giornalistica.
Portati a soffrire e a morire in ambienti estranei, per far felice qualche bimbo, figlio di qualcuno che ha soldi da buttare assieme al proprio rispetto per la natura e quindi anche per il futuro di suo figlio.
Un massacro che regge traffici di ogni genere con volumi d’affari esponenziali, dove tutto conta: il denaro, la moda, l’esibizione,…fuorché il rispetto della natura.
La TV lo racconta di tanto in tanto alla mensa del belpaese, in diretta con il Tg, magari alla vigilia delle feste natalizie, con qualche immagine dei poveri animali in sofferenza, accanto al servizio del carovita o dell’ultima storia di cronaca nera, appassionante quanto una fiction.
Gli animali sono li a guardarci supplichevoli, spaesati e stupiti come i milioni di bimbi in sofferenza nel mondo. Tutti sembrano bucare la TV per chiamarci all’appello, per fare qualcosa.
Non allarmiamoci, non sono affari nostri. E’ solo informazione giornalistica…
Infatti, subito dopo il servizio sui poveri animali la conduttrice del Tg, evidentemente preoccupata di non disturbare troppo la nostra tavola (vuoi mettere il piacere delle fiction-horror serali raccontati con mille dettagli stimolanti), - evita qualsiasi commento sullo scempio e passa direttamente ai cartoni animati con protagonisti vivaci e felici animaletti - .
Superficialità, mestiere, esigenze commerciali e/o pubblicitarie, qualche marchetta indiretta ma in... diretta.Non saprei….
Suggerisco però di osservare come ci vengono somministrate le notizie dai mass media per capire dove va il belpaese, ma…
non allarmiamoci e, se ancora non ci hanno convinto, ricordiamoci che il messaggio che ci ripetono in continuazione è “non sono affari vostri”.
E’ solo informazione giornalistica.
sabato 22 dicembre 2007
UN PAESE VECCHIO
Un Paese Vecchio
Dice il Presidente della Repubblica che la Costituzione è una giovane signora.
Sarà anche vero. Questione di punti di vista.
Certamente, se la Costituzione è ancora una giovane signora, il Paese, negli stessi anni, è nato, cresciuto e poi invecchiato precocemente. Oggi, il paese, quello reale, è un paese vecchio. Quasi il fanalino di coda della “vecchia Europa” e, considerato il trend di crescita dei paesi dell’est, a rischio anche nella futura “nuova Europa”.
Un paese vecchio e sommerso dalle immondizie… di ogni genere.
Sommerso dalle lentezze della burocrazia, dal menefreghismo imperante (anche se non generalizzabile) dalla furbizia elevata a virtù, dalla logica del guadagno come unico fine, dalla diffusa delegittimazione del lavoro come valore sociale e, conseguentemente, anche dei veri lavoratori, quelli che, come premio, faticano ad arrivare a fine mese. Gli stessi che muoiono nei posti di lavoro, sono sempre loro le vittime.
Sono soprattutto gli operai, i pensionati, i poveri, ad essere dimenticati dal paese dei furbi e dei facili guadagni, quelli che non possono nascondersi dietro il denaro o il potere ma neppure dietro delle scrivanie, destreggiandosi, più o meno con le montagne di carte di una burocrazia elefantiaca e spesso inutile…la burocrazia ovunque. Nei posti di lavoro, nei preposti al controllo dei posti di lavoro, nei preposti al controllo degli addetti al controllo dei posti di lavoro,ecc… Ovunque burocrazia, espressione principe di qualcosa di utile che diventa inutile e dannosa quanto un parassita.
Una burocrazia che troppo spesso s’identifica con lo stato stesso.
Una burocrazia forte ed arrogante con i deboli (i cittadini) e debole con i forti (poteri forti dello stato – rappresentanti istituzionali – ecc…).
Una burocrazia inefficiente e prepotente che non stimola la crescita civile del paese.
Una burocrazia funzionale solo nelle promesse e mostruosa nei confronti dei cittadini che continuano ad essere considerati non datori di lavoro (altrochè clienti…) ma postulanti …o incompetenti rompipalle …
Un paese vecchio, spaccato in due, con gente al nord che aspira ad un modello europeo avanzato e gente al sud che aspira ad essere liberata dalle immondizie e dalla criminalità organizzata.
Un paese invecchiato all’ombra della Carta costituzionale, nell’attesa di un promesso salto di civiltà ( tra l’altro il presidente Napoletano ricorda l’insegnamento dell’educazione civica dopo che per anni è stata abbandonata dai percorsi scolastici…) un salto di civiltà che non si è realizzato compiutamente nella prima repubblica e si è impantanato nella cosiddetta seconda.
Purtroppo i tempi sono sempre più stretti, il rischio è l’arretramento e l’emarginazione del paese che a prescindere dalla sua Costituzione, appare sempre più vecchio ed ingovernabile. L’alternativa a tanto vecchiume, l’eventuale prospettiva di sviluppo, è fondata, naturalmente, sulle future generazioni, su tutti quei giovani (i bamboccioni di Padoa Schioppa) che però avanzano con scarso entusiasmo in quanto lontani dalla politica delle parole e delle promesse. Loro chiedono obiettivi chiari, comportamenti coerenti, chiedono ai “grandi” di offrire esempi di civiltà, premiando i meritevoli, contrastando il bel paese che continua a correre nell’immaginario collettivo alimentato dai circuiti mediatici, un paese che insegue l’apparire anziché l’essere, continuando a premiare i “furbetti” del quartierino, della politica mediocre, dell’economia e della finanza d’accapparamento, dei poteri forti e mediatici… in definitiva la “cultura dei furbetti vincenti”.
Un salto di civiltà urgente non può attendere le alchimie della politica ma richiede proposte elettorali chiare e decise e comportamenti conseguenti ed immediati come l’abbattimento di sprechi e privilegi “da subito”, con i provvedimenti necessari anche se drastici per la conversione delle nostre tasse in servizi efficienti ( ad esempio…non dover attendere mesi o anni per degli esami clinici, per avere adeguati servizi di assistenza agli anziani o per far fronte alle gravi patologie degenerative che spesso accompagnano le nostre vite in una vecchiaia sempre più avanzata e sempre più in difficoltà).
Tutto ciò che serve si deve fare “subito” con maggioranze chiare ed alternative, anche a costo di applicare provvedimenti non condivisi dall’ambito elettorato di centro.
Bisogna avere il coraggio di scegliere, anche se ciò può significare passare la mano ad una maggioranza diversa, come avviene del resto in tutti i paesi a democrazia avanzata.
In realtà il nostro paese si sta muovendo come un vecchio, stanco e malato.
Infatti, qualsiasi cosa, anche se utile e condivisa piomba nella lentezza, tipica della vecchiaia.
Anche entrare nel mondo del lavoro, si tratti di un’assunzione o di aprire una nuova attività, diventa macchinoso costoso, spesso inutile e inconsistente.
Purtroppo le incrostazioni più resistenti sono quelle rappresentate da un sistema amministrativo farraginose che alla fine finisce per tutelare i disonesti (vedi l’evasione fiscale) e danneggiare i cittadini onesti……
Se la burocrazia non ha più una finalità ma alimenta solo se stessa ( naturalmente in questa logica sono riconducibili anche le Aziende ex Enti dello Stato come Poste, Ferrovie, Telecomunicazioni, Alitalia, ecc…) come succede del resto per gli enti inutili (o meglio utili per chi continua a prendere uno stipendio) diventa solo un peso per il paese.
Un peso insopportabile, che si trascina, come il corpo di un vecchio.
Un peso che non impedisce di esprimere buone idee, scrivere validi programmi, ma ne impedisce la realizzazione, trasmettendo a tutti il senso del limite del compromesso perpetuo, delle non scelte o delle scelte apparenti, con un unico fine che sembra essere quello di occupare una poltrona, mantenere uno stipendio (come negli enti inutili) ed occupare il potere, con qualche trasformazione opportunistica e qualche modifica elettorale.
Naturalmente per molti cittadini - politici e non - la verità sta a cavallo tra tutto questo e il desiderio di avere la forza necessaria per muovere un corpo che pesa sempre di più fino a condurre un intero paese all’immobilismo, all’arretramento socio-economico e quindi alla decadenza…anche se quest' ultima prospettiva spaventa il nostro Presidente… e non solo lui.
Dice il Presidente della Repubblica che la Costituzione è una giovane signora.
Sarà anche vero. Questione di punti di vista.
Certamente, se la Costituzione è ancora una giovane signora, il Paese, negli stessi anni, è nato, cresciuto e poi invecchiato precocemente. Oggi, il paese, quello reale, è un paese vecchio. Quasi il fanalino di coda della “vecchia Europa” e, considerato il trend di crescita dei paesi dell’est, a rischio anche nella futura “nuova Europa”.
Un paese vecchio e sommerso dalle immondizie… di ogni genere.
Sommerso dalle lentezze della burocrazia, dal menefreghismo imperante (anche se non generalizzabile) dalla furbizia elevata a virtù, dalla logica del guadagno come unico fine, dalla diffusa delegittimazione del lavoro come valore sociale e, conseguentemente, anche dei veri lavoratori, quelli che, come premio, faticano ad arrivare a fine mese. Gli stessi che muoiono nei posti di lavoro, sono sempre loro le vittime.
Sono soprattutto gli operai, i pensionati, i poveri, ad essere dimenticati dal paese dei furbi e dei facili guadagni, quelli che non possono nascondersi dietro il denaro o il potere ma neppure dietro delle scrivanie, destreggiandosi, più o meno con le montagne di carte di una burocrazia elefantiaca e spesso inutile…la burocrazia ovunque. Nei posti di lavoro, nei preposti al controllo dei posti di lavoro, nei preposti al controllo degli addetti al controllo dei posti di lavoro,ecc… Ovunque burocrazia, espressione principe di qualcosa di utile che diventa inutile e dannosa quanto un parassita.
Una burocrazia che troppo spesso s’identifica con lo stato stesso.
Una burocrazia forte ed arrogante con i deboli (i cittadini) e debole con i forti (poteri forti dello stato – rappresentanti istituzionali – ecc…).
Una burocrazia inefficiente e prepotente che non stimola la crescita civile del paese.
Una burocrazia funzionale solo nelle promesse e mostruosa nei confronti dei cittadini che continuano ad essere considerati non datori di lavoro (altrochè clienti…) ma postulanti …o incompetenti rompipalle …
Un paese vecchio, spaccato in due, con gente al nord che aspira ad un modello europeo avanzato e gente al sud che aspira ad essere liberata dalle immondizie e dalla criminalità organizzata.
Un paese invecchiato all’ombra della Carta costituzionale, nell’attesa di un promesso salto di civiltà ( tra l’altro il presidente Napoletano ricorda l’insegnamento dell’educazione civica dopo che per anni è stata abbandonata dai percorsi scolastici…) un salto di civiltà che non si è realizzato compiutamente nella prima repubblica e si è impantanato nella cosiddetta seconda.
Purtroppo i tempi sono sempre più stretti, il rischio è l’arretramento e l’emarginazione del paese che a prescindere dalla sua Costituzione, appare sempre più vecchio ed ingovernabile. L’alternativa a tanto vecchiume, l’eventuale prospettiva di sviluppo, è fondata, naturalmente, sulle future generazioni, su tutti quei giovani (i bamboccioni di Padoa Schioppa) che però avanzano con scarso entusiasmo in quanto lontani dalla politica delle parole e delle promesse. Loro chiedono obiettivi chiari, comportamenti coerenti, chiedono ai “grandi” di offrire esempi di civiltà, premiando i meritevoli, contrastando il bel paese che continua a correre nell’immaginario collettivo alimentato dai circuiti mediatici, un paese che insegue l’apparire anziché l’essere, continuando a premiare i “furbetti” del quartierino, della politica mediocre, dell’economia e della finanza d’accapparamento, dei poteri forti e mediatici… in definitiva la “cultura dei furbetti vincenti”.
Un salto di civiltà urgente non può attendere le alchimie della politica ma richiede proposte elettorali chiare e decise e comportamenti conseguenti ed immediati come l’abbattimento di sprechi e privilegi “da subito”, con i provvedimenti necessari anche se drastici per la conversione delle nostre tasse in servizi efficienti ( ad esempio…non dover attendere mesi o anni per degli esami clinici, per avere adeguati servizi di assistenza agli anziani o per far fronte alle gravi patologie degenerative che spesso accompagnano le nostre vite in una vecchiaia sempre più avanzata e sempre più in difficoltà).
Tutto ciò che serve si deve fare “subito” con maggioranze chiare ed alternative, anche a costo di applicare provvedimenti non condivisi dall’ambito elettorato di centro.
Bisogna avere il coraggio di scegliere, anche se ciò può significare passare la mano ad una maggioranza diversa, come avviene del resto in tutti i paesi a democrazia avanzata.
In realtà il nostro paese si sta muovendo come un vecchio, stanco e malato.
Infatti, qualsiasi cosa, anche se utile e condivisa piomba nella lentezza, tipica della vecchiaia.
Anche entrare nel mondo del lavoro, si tratti di un’assunzione o di aprire una nuova attività, diventa macchinoso costoso, spesso inutile e inconsistente.
Purtroppo le incrostazioni più resistenti sono quelle rappresentate da un sistema amministrativo farraginose che alla fine finisce per tutelare i disonesti (vedi l’evasione fiscale) e danneggiare i cittadini onesti……
Se la burocrazia non ha più una finalità ma alimenta solo se stessa ( naturalmente in questa logica sono riconducibili anche le Aziende ex Enti dello Stato come Poste, Ferrovie, Telecomunicazioni, Alitalia, ecc…) come succede del resto per gli enti inutili (o meglio utili per chi continua a prendere uno stipendio) diventa solo un peso per il paese.
Un peso insopportabile, che si trascina, come il corpo di un vecchio.
Un peso che non impedisce di esprimere buone idee, scrivere validi programmi, ma ne impedisce la realizzazione, trasmettendo a tutti il senso del limite del compromesso perpetuo, delle non scelte o delle scelte apparenti, con un unico fine che sembra essere quello di occupare una poltrona, mantenere uno stipendio (come negli enti inutili) ed occupare il potere, con qualche trasformazione opportunistica e qualche modifica elettorale.
Naturalmente per molti cittadini - politici e non - la verità sta a cavallo tra tutto questo e il desiderio di avere la forza necessaria per muovere un corpo che pesa sempre di più fino a condurre un intero paese all’immobilismo, all’arretramento socio-economico e quindi alla decadenza…anche se quest' ultima prospettiva spaventa il nostro Presidente… e non solo lui.
sabato 8 dicembre 2007
LETTERA A BEPPE GRILLO
LETTERA A BEPPE GRILLO
Caro Beppe
al di là dei farisaici distinguo sul metodo, che alcuni avanzano, mi sento di condividere quasi sempre le Tue battaglie sulla difesa del nostro habitat, e sullo stato decadente del governo del nostro paese con corruzione e mal costume in primo piano, tanto che la seconda repubblica non appare migliore della prima ( quella che ti stava tanto antipatica…e che ha fatto la fortuna del Ministro dell’ Italia dei “valori” )
Tuttavia, tra le tante tue battaglie la battaglia principe, quella che condivido più di tutte le altre è la battaglia che punta direttamente al cuore delle arretratezze culturali del paese:
la battaglia sulla disinformazione.
La disinformazione è anche la vera assicurazione del sistema.
Questo è un paese che predica la libertà quando da anni tutti i gangli vitali della vita politica, economica, giudiziaria e culturale sono bloccati e manipolati dalla disinformazione: la grande sorella dei poteri forti ed occulti che amano esporsi poco e manipolare molto.
Purtroppo anche la disinformazione è frutto della storia di questo paese raccogliticcio e garibaldino che ha tantissimi difetti e, tra i pochi pregi la cultura, che però non ha ancora trovato alloggio nei media, dove prevale la disinformazione, mentre il pubblico, assettato di cose giuste e belle, plaude a Benigni che ha offerto uno scampolo di satira – spettacolo e cultura, aiutando l’audience a fuggire, almeno per una sera dall’isola dei famosi.
Come si sa, il tipo di cultura dilagante, è quello più funzionale al sistema e quindi, tutto si rivela inutile, se non si combattono i punti cardine del sistema medesimo.
In particolare la voglia di apparire sta ai media come i media stanno alla disinformazione.
In altre parole, in un paese come il nostro, dove a differenza di molti altri paesi occidentali, l’etica viene confusa con la morale che sta solo nel Dna del vero credente (merce sempre più rara) mentre dovrebbe albergare nel comune cittadino, portatore di civiltà e quindi soggetto a diritti-doveri, in quanto tale.
Viceversa, nella cosiddetta “vita civile” del nostro bel - paese, con la caduta del senso etico, emerge l’esaltazione dei furbetti del quartierino e del partitino, la deresponsabilizzazione diffusa, e quindi il prevalere dell’apparire, dell’avere e del potere come valori primari.
Ovviamente, cadute le garanzie delle carriere per merito (si sa che in questo ci distinguiamo …vedi i familiari arruolati nelle TV e ….nella carta stampata - la consuetudine delle raccomandazione e/o segnalazioni…ecc… ) ai nostri giovani rimane il precariato (nel lavoro…nella famiglia…nella vecchiaia..) e la via dei media dove la scorciatoia è rappresentata dall’apparire.
Ho scritto un paio d’anni fa ( chiedo scusa per l’autocitazione) :
“siamo stati travolti dalla società dell’avere, del potere e dell’apparire dimenticando per strada l’essere, il rispetto per “ciò che siamo” a prescindere da “ciò che abbiamo”
Da “IL PERCORSO - dal miracolo economico alla globalizzazione” Edizioni Supernova Venezia - anno 2007
Caro Beppe,
bisogna avere il coraggio di affrontare il sistema alle radici e, a costo di apparire dei banali moralizzatori, scuotere l’etica per riscoprire il valore dell’essere.
Solo così possiamo difendere veramente i nostri figli dall’assedio del consumismo, dall’ideologia della competitività e dalla supremazia degli interessi economici su tutto il resto, compreso il presente e, purtroppo, anche il loro futuro.
Solo combattendo il valore assoluto attribuito al denaro si possono vincere le battaglie per il rispetto dell’individuo e del suo habitat altrimenti rimaniamo fermi al romanzo epico, al Don Chisciotte.
Infatti, com’è ormai risaputo, nella logica economica di mercato tutto passa in secondo piano.
Tu stesso portando alla ribalta, con spirito veritiero e combattivo questo o quel tema, contribuirai a ripulire le coscienze, sotto lo sferzare del tuo giavellotto quale impavido cavaliere (per questo certamente degno di premi) garantendo però, anche con il tuo ruolo di comico satirico, di fustigatore dei costumi internauta moderno, la stessa continuità di sistema.
Alla prossima…
Con stima e simpatia
Caro Beppe
al di là dei farisaici distinguo sul metodo, che alcuni avanzano, mi sento di condividere quasi sempre le Tue battaglie sulla difesa del nostro habitat, e sullo stato decadente del governo del nostro paese con corruzione e mal costume in primo piano, tanto che la seconda repubblica non appare migliore della prima ( quella che ti stava tanto antipatica…e che ha fatto la fortuna del Ministro dell’ Italia dei “valori” )
Tuttavia, tra le tante tue battaglie la battaglia principe, quella che condivido più di tutte le altre è la battaglia che punta direttamente al cuore delle arretratezze culturali del paese:
la battaglia sulla disinformazione.
La disinformazione è anche la vera assicurazione del sistema.
Questo è un paese che predica la libertà quando da anni tutti i gangli vitali della vita politica, economica, giudiziaria e culturale sono bloccati e manipolati dalla disinformazione: la grande sorella dei poteri forti ed occulti che amano esporsi poco e manipolare molto.
Purtroppo anche la disinformazione è frutto della storia di questo paese raccogliticcio e garibaldino che ha tantissimi difetti e, tra i pochi pregi la cultura, che però non ha ancora trovato alloggio nei media, dove prevale la disinformazione, mentre il pubblico, assettato di cose giuste e belle, plaude a Benigni che ha offerto uno scampolo di satira – spettacolo e cultura, aiutando l’audience a fuggire, almeno per una sera dall’isola dei famosi.
Come si sa, il tipo di cultura dilagante, è quello più funzionale al sistema e quindi, tutto si rivela inutile, se non si combattono i punti cardine del sistema medesimo.
In particolare la voglia di apparire sta ai media come i media stanno alla disinformazione.
In altre parole, in un paese come il nostro, dove a differenza di molti altri paesi occidentali, l’etica viene confusa con la morale che sta solo nel Dna del vero credente (merce sempre più rara) mentre dovrebbe albergare nel comune cittadino, portatore di civiltà e quindi soggetto a diritti-doveri, in quanto tale.
Viceversa, nella cosiddetta “vita civile” del nostro bel - paese, con la caduta del senso etico, emerge l’esaltazione dei furbetti del quartierino e del partitino, la deresponsabilizzazione diffusa, e quindi il prevalere dell’apparire, dell’avere e del potere come valori primari.
Ovviamente, cadute le garanzie delle carriere per merito (si sa che in questo ci distinguiamo …vedi i familiari arruolati nelle TV e ….nella carta stampata - la consuetudine delle raccomandazione e/o segnalazioni…ecc… ) ai nostri giovani rimane il precariato (nel lavoro…nella famiglia…nella vecchiaia..) e la via dei media dove la scorciatoia è rappresentata dall’apparire.
Ho scritto un paio d’anni fa ( chiedo scusa per l’autocitazione) :
“siamo stati travolti dalla società dell’avere, del potere e dell’apparire dimenticando per strada l’essere, il rispetto per “ciò che siamo” a prescindere da “ciò che abbiamo”
Da “IL PERCORSO - dal miracolo economico alla globalizzazione” Edizioni Supernova Venezia - anno 2007
Caro Beppe,
bisogna avere il coraggio di affrontare il sistema alle radici e, a costo di apparire dei banali moralizzatori, scuotere l’etica per riscoprire il valore dell’essere.
Solo così possiamo difendere veramente i nostri figli dall’assedio del consumismo, dall’ideologia della competitività e dalla supremazia degli interessi economici su tutto il resto, compreso il presente e, purtroppo, anche il loro futuro.
Solo combattendo il valore assoluto attribuito al denaro si possono vincere le battaglie per il rispetto dell’individuo e del suo habitat altrimenti rimaniamo fermi al romanzo epico, al Don Chisciotte.
Infatti, com’è ormai risaputo, nella logica economica di mercato tutto passa in secondo piano.
Tu stesso portando alla ribalta, con spirito veritiero e combattivo questo o quel tema, contribuirai a ripulire le coscienze, sotto lo sferzare del tuo giavellotto quale impavido cavaliere (per questo certamente degno di premi) garantendo però, anche con il tuo ruolo di comico satirico, di fustigatore dei costumi internauta moderno, la stessa continuità di sistema.
Alla prossima…
Con stima e simpatia
mercoledì 5 dicembre 2007
Il Partito democratico e il Partito dei Socialisti Europei
Torniamo a parlare di politica….
A proposito del “famolo strano”
Veltroni in visita ai gruppi liberale e socialista del Parlamento europeo.
Bravo Veltroni… due gruppi son meglio di uno.
Riprende così la trama del peggior Western all’italiana ( v. precedente Veltroni facci sognare), questa volta con il doppiaggio.
Per gli amanti del nuovismo la versione del neonato PD è offerta sia in versione liberale che socialista. Meglio di così!
Purtroppo continua anche la farsa della politica casalinga.
Dopo i discorsi fatti sul PSE la verità comincia a venire a galla ed infatti il Walter nazionale dichiara laconicamente: “è ancora lontana la decisione sulla collocazione del Partito democratico in seno al PSE”.
Dinanzi al nuovismo veltroniano, un po’ europeo ma - anche un po’ statunitense – il gruppo del PSE non ci sta ad aspettare il 2009.
Il tedesco Martin Schulz capogruppo dei socialisti al Parlamento europeo non ci sta al “famolo strano”, non ci sta ad aspettare nuove sceneggiate, chiede chiarezza e dichiara “sta a voi decidere dove volete andare” . In altre parole si può discutere di tutto ma prima dovete scegliere. Non potete reggere un film che avete appena iniziato a girare dando due versioni diverse: parlando contemporaneamente due linguaggi politici.
Comodo il doppiaggio del PD “forse” utile per i suoi conti elettorali, ma certamente confuso e deleterio per il Paese che esige scelte vere.
Non è possibile continuare a non scegliere una collocazione politica chiara a livello europeo e mondiale senza cadere nell’equivoco che il sacrificio di qualche excomunista ed ex democristiano deluso è il prezzo da pagare per galleggiare al centro.
Ecco quindi la nuova parola d’ordine: conquistare il centro.
Stare al centro anche a costo di rinnegare le aspettative di quanti speravano di ritrovarsi nella sinistra socialista europea.
Stare al centro a qualsiasi costo (forti della lezione storica del potere democristiano) anche a costo di macerare qualsiasi aspettativa popolare nel brodo della stabilizzazione del cosiddetto
“compromesso storico”.
Giustamente Fontelles ex presidente del Parlamento europeo e membro del PSE ha dichiarato con quella trasparenza e chiarezza in disuso dalle nostre parti che: “Le amalgame spesso confondono e deludono gli elettori”.
Ma Veltroni non ha fretta e pur di tenere il suo film aperto a chi si sente liberale ma anche socialista annuncia che:
“fino al 2009 restiamo in gruppi separati, dopo non sono in grado di dirlo”.
Più famolo strano di così …..
A proposito del “famolo strano”
Veltroni in visita ai gruppi liberale e socialista del Parlamento europeo.
Bravo Veltroni… due gruppi son meglio di uno.
Riprende così la trama del peggior Western all’italiana ( v. precedente Veltroni facci sognare), questa volta con il doppiaggio.
Per gli amanti del nuovismo la versione del neonato PD è offerta sia in versione liberale che socialista. Meglio di così!
Purtroppo continua anche la farsa della politica casalinga.
Dopo i discorsi fatti sul PSE la verità comincia a venire a galla ed infatti il Walter nazionale dichiara laconicamente: “è ancora lontana la decisione sulla collocazione del Partito democratico in seno al PSE”.
Dinanzi al nuovismo veltroniano, un po’ europeo ma - anche un po’ statunitense – il gruppo del PSE non ci sta ad aspettare il 2009.
Il tedesco Martin Schulz capogruppo dei socialisti al Parlamento europeo non ci sta al “famolo strano”, non ci sta ad aspettare nuove sceneggiate, chiede chiarezza e dichiara “sta a voi decidere dove volete andare” . In altre parole si può discutere di tutto ma prima dovete scegliere. Non potete reggere un film che avete appena iniziato a girare dando due versioni diverse: parlando contemporaneamente due linguaggi politici.
Comodo il doppiaggio del PD “forse” utile per i suoi conti elettorali, ma certamente confuso e deleterio per il Paese che esige scelte vere.
Non è possibile continuare a non scegliere una collocazione politica chiara a livello europeo e mondiale senza cadere nell’equivoco che il sacrificio di qualche excomunista ed ex democristiano deluso è il prezzo da pagare per galleggiare al centro.
Ecco quindi la nuova parola d’ordine: conquistare il centro.
Stare al centro anche a costo di rinnegare le aspettative di quanti speravano di ritrovarsi nella sinistra socialista europea.
Stare al centro a qualsiasi costo (forti della lezione storica del potere democristiano) anche a costo di macerare qualsiasi aspettativa popolare nel brodo della stabilizzazione del cosiddetto
“compromesso storico”.
Giustamente Fontelles ex presidente del Parlamento europeo e membro del PSE ha dichiarato con quella trasparenza e chiarezza in disuso dalle nostre parti che: “Le amalgame spesso confondono e deludono gli elettori”.
Ma Veltroni non ha fretta e pur di tenere il suo film aperto a chi si sente liberale ma anche socialista annuncia che:
“fino al 2009 restiamo in gruppi separati, dopo non sono in grado di dirlo”.
Più famolo strano di così …..
venerdì 30 novembre 2007
APPARIRE ED ESSERE – DALLA CRONACA NERA A TESTIMONIAL PUBBLICITARIO
APPARIRE ED ESSERE – DALLA CRONACA NERA A TESTIMONIAL PUBBLICITARIO
Sento il TG e mi dico: ecco l’avevo annunciato. Anzi l’avevo scritto nel mio libro.
La strada dell’apparire dell’avere e del potere si ripresenta in tutta la sua aberrazione.
Dall’isola… al mercato dei famosi, ai processi mediatici siamo arrivati al testimonial salito agli onori della cronaca in quanto si tratta di un condannato e scarcerato dopo che “ubriaco travolse ed uccise quattro ragazzi” (così è stato descritto dal tg e dalla stampa)
Da parte mia avevo scritto, in tempi non sospetti:
“E’ l’industria dei famosi, il business delle proiezioni collettive, dei personaggi – mostri saliti alla ribalta in virtù dei propri difetti (in qualche caso dei propri delitti) esaltati, non per quello che sono, non per le loro capacità, ma per il loro valore di mercato..” e, ancor più chiaramente: “L'immagine, una volta popolare, positiva o negativa, viene considerata a tutti gli effetti un'immagine “vendibile” e quindi, in una società dove il mercato detta legge, un immagine di successo”
Questo dimostra che le deviazioni culturali, suggerite dal sistema, hanno attecchito sul comportamento sociale determinando una deviazione silente, non acclamata ma presente nel sociale quotidiano.
Una vera aberrazione dei costumi dove il mercato prevale su qualsiasi considerazione etica.
Ho scritto questo ed altro …..
Ma quante persone sanno che esiste un libro che ce l’ha con questo fenomeno dell’apparire. Un fenomeno esploso nell’era mediatica, al servizio del mercato ma elemento di sconvolgimento delle sue stesse regole.
Il libro sta lì, silenzioso, figlio di un padre muto che urla nel deserto.
D’altra parte io non sono Vespa!
Non ho le leve del bombardamento mediatico… accompagnate dalle note ruffiane di via col vento.
Anzi non ho ancora presentato il mio libro.
Apparire per essere…?
Per le poche copie distribuite o acquistate ho ricevuto molti silenzi, qualche apprezzamento ufficiale e qualche accoglienza entusiastica.
Nel complesso non ci ho capito nulla.
Purtroppo, la mia più grande soddisfazione accompagnata, logicamente, da repulsione e grande rabbia, è che la mia analisi da “sociologo - nutrito da un'estesa esperienza nel sociale, tra la gente”, si sta dimostrando, di giorno in giorno, così veritiera da apparire anticipatrice dei fatti di cronaca.
Ad esempio: “il delitto come elemento trascinante dell’apparire e quindi dell’essere”.
Disgraziatamente, gli ultimi fatti di cronaca relativi alla pubblicità di alcuni marchi che hanno chiamato come testimonial questo “personaggio“ reso popolare dai media perché “alla guida in stato di ubriachezza ha travolto ed ucciso quattro ragazzi” parlano da sé e, purtroppo, rilanciano le mie tesi.
Cioè, quelle cose che ho cercato di descrivere, tra qualche appunto autobiografico, nel libro: “IL PERCORSO - dal miracolo economico alla globalizzazione”
Edizioni Supernova Venezia - anno 2007
Un libro scritto per i miei figli, preoccupato per il loro futuro che potrebbe allargare il proprio target:
ai giovani impegnati che non si fermano a disputare su chi ha vinto ma vogliono capire dove va lo sport e, magari, anche come dare un senso all’esistenza.
ai meno giovani per capire i limiti delle proprie “corse quotidiane”.
ai più anziani per ripercorrere il senso di ciò che è stato fatto e, forse, anche di ciò che è stato sbagliato.
mercoledì 21 novembre 2007
Il nuovo partito di Berlusconi e riflessioni precedenti
Una sola domanda.
L’esposizione mediatica, l’isola dei famosi della nostra giustizia, paga?
Certamente, stampa e Tv non ne traggono vantaggio in termini d’immagine e credibilità in quanto il loro obiettivo rimane lo spettacolo, l’audience, mentre la frequente, quasi consuetudinaria rappresentazione sui media dei giudici e del loro operato rischia di danneggiare irrimediabilmente attendibilità e ruolo della giustizia.
In questo contesto appare chiaro che per la stragrande maggioranza dei giornalisti e dei giudici questa discesa in piazza non può che danneggiarli, minando la loro stessa credibilità professionale, a tutto ed esclusivo vantaggio dei pochi fortunati colleghi sovra-esposti, i partecipanti all’isola dei famosi, coloro che hanno imparato la lezione, quelli più spregiudicati, i furbetti, quelli che hanno capito che “mostrarsi” e “parlare attraverso le pagine dei giornali” può trasformare una difesa in un’ attacco ed una causa persa in una possibile vittoria, quantomeno sul piano delle prospettive personali.
Per i magistrati tale vantaggio personale appare evidente, direi quasi sovra-esposto, considerata la numerosità dei giudici alla ribalta.
Del resto, il lungo elenco dei “servitori della giustizia” passati dalla sovra-esposizione mediatica e politica al Parlamento è sufficiente a dimostrare quanti di loro, “sovraesposti “, noti alle cronache per qualche inchiesta “coraggiosa” sono finiti in questi anni in Parlamento.
Per molti magistrati protagonisti della stampa e di talk shoow, l’aver utilizzato l’autonomia e l’esposizione ideologica e/o mediatica, dopo aver usato il codice come una clava per colpire l’immaginario collettivo (il famoso giustiziere) ha comportato la visibilità e quindi il riconoscimento politico del loro operato, con conseguenti onori pubblici e privati.
Per molti si sono aperte le porte del Parlamento e gli incarichi di prestigio (consulenze, ecc…) mentre per qualcuno, come l’attuale ministro Di Pietro, salito alla ribalta nel massimo fervore mediatico di tangentopoli, è stato possibile addirittura fondare un nuovo Partito politico con tanto di finanziamenti pubblici, quello appunto definito dal settimanale “Panorama” l’Italia dei valori (immobiliari).
- Mi chiedo se i giornalisti, alla costante ricerca di scoop, hanno guadagnato in questi anni tanti soldi, fama e potere quanto alcuni giudici finiti, grazie a loro all’isola dei famosi, trasformati in vittime del proprio dovere, in veri e propri miti, esaltandoli con un’eccezionalità d’immagini che suona a mortificazione di quanti operano nel silenzio (nelle aule di giustizia come in altri settori…) per risolvere quotidianamente i tanti problemi della Gente e del Paese.
Miti costruiti, come nel caso di alcune vicende giudiziarie, per la notizia shock che fa vendere qualche copia in più, attirando l’attenzione dell’uomo della strada, magari perché colpisce il potente di turno, rispondendo a qualche aspirazione politico-ideologica o, più banalmente, sollecitando le più volgari pruderie popolari (il cosiddetto gossip).
- Mi chiedo se la Stampa, finanziata ampliamente con denaro pubblico, può continuare a comportarsi come un qualsiasi macellaio, limitandosi a dare in pasto ai propri lettori ciò che vogliono o, peggio, ciò che suggeriscono i cosiddetti poteri forti, quelli che guidano le testate giornalistiche ed i rispettivi finanziamenti pubblici, senza fare il massimo sforzo per difendere la buona informazione, l’autonomia dei media e, con essi, anche l’autonomia di giudizio dei cittadini.
Se questa aspirazione appare utopica chiediamoci almeno dov’è finita l’etica e quale futuro ci dobbiamo aspettare.
Di “casta”in “casta”
Dalla casta dei media ….all’ Italia dei valori (immobiliari).
Premesso che ritengo l’Autonomia della magistratura un valore indiscutibile per la tutela della Giustizia e della Democrazia a condizione che tale “privilegio” ( privilegio in quanto unico rispetto ad altri lavoratori dello stato quali forze dell’ordine, forze armate, pubblici dipendenti, ecc…) dimostri tutta la sua validità, in quanto garante di obiettività giuridica, altrimenti è preferibile, al di fuori di qualsiasi ipocrisia, approdare al sistema in vigore in altri paesi, senza alcun pregiudizio verso l’elezione diretta dei giudici.
L’autonomia voluta dalla Costituzione (art.104), per essere utile alla democrazia e credibile, dev’essere ineccepibile, sotto ogni punto di vista, libera da ogni condizionamento ideologico o sociale (il giudice non può ergersi a giustiziere per ideologia o a furor di popolo) altrimenti tale garanzia istituzionale si può rivelare un pericolo per le stesse istituzioni democratiche prese di mira dalla stampa per l’apertura di questa o quell’inchiesta o per l’invio, -peraltro a tutela degli stessi interessati- degli avvisi di garanzia (trasmessi dai media con il senso esclusivo d’indizio di colpevolezza).
Ultimamente, tale pericolo si è reso più manifesto con la spettacolarizzazione della cronaca giudiziaria, spesso evidente sin dall’informazione dei “fatti”, diventata consuetudine di stampa e TV con la moda invasiva dei processi in piazza sfornati in continuazione, con un occhio di riguardo ai lettori e all’audience più che al rispetto della giustizia, cardine fondamentale della Democrazia e della nostra convivenza civile.
Possiamo così constatare, quotidianamente, in barba all’autonomia dei giudici, come il processo mediatico sia ormai entrato a far parte anche delle strategie di difesa ed accusa, trascinando nella spettacolarizzazione delle vicende giudiziarie la stessa dignità della giustizia.
Veltroni e il “famolo strano” (da il settimanale Panorama)
…..
Sarà contento il Beppe protestatario! Dopo i suoi V days è sorto un nuovo partito. Il PD darà una risposta anche ai suoi V days. Non sia impaziente! La nuova macchina da guerra si sta attrezzando. Non gli sarà facile protestare in futuro. Quelli del PD, che non sono degli sprovveduti come i vecchi politici della prima repubblica, sapranno rispondere per le rime, con provvedimenti immediati ed adeguati ai provocatori V days. Basta avere solo un po’ di pazienza! Veltroni e company stanno organizzando lo strumento partitico in termini democratici, e moderni. Per che farne? Si deciderà successivamente. Non c’è fretta. L’importante è renderlo uno strumento partecipato e moderno. Poi si vedrà. Per usarlo c’è sempre tempo. Di V days ce ne sarà anche per tutti a cominciare proprio dal Beppe qualunquista e protestatorio.
Intanto l’unico a parlare è lui, il capo. L’ultima e sul sistema elettorale alla tedesca, corretto alla spagnola tenendo conto però della realtà italiana.
Tranquillo Beppe in democrazia ognuno dice la sua, l’importante è non confondere il PD con il vecchio PCI o la vecchia DC. Questo è un partito nuovo. Così accanto al partito Italia dei valori “immobiliari” avrai anche il PD, partito nuovo, della democrazia e del modernismo. Finalmente per i cittadini si annunciano cose concrete.
Non più ideali o riferimenti ideologici novecenteschi ma una sana politica delle cose, a partire dagli strumenti che dovranno gestirle. Siano esse immobiliari o meno.
Ma…come sarà questo strumento che dovrà rinnovare la politica, se ancora non si conoscono i programmi e la sua collocazione internazionale. Stare con il PPE o il PSE fa una certa differenza! In questo momento l’unico che può rispondere è lui, il capo, Veltroni il quale, misurando le parole, apre il proprio film con un po’ di fumo (si fa per dire) per predisporre gli animi ad una soluzione nuova all’italiana, anzi, in onore della sua festa del cinema alla romana, con uno splendido “famolo strano”
Fa pensare all’ennesima commedia all’italiana. Degna risposta, alla romana, ai V.days. Tuttavia, quando ho visto sull’ultimo numero di panorama questa espressione ho pensato che Veltroni con simpatia, in quanto “il candidato premier”aveva definito con due parole la nota accoppiata tra gli orfani del PCI e quelli della sinistra DC: due parole tanto colorate quanto significative. Per una accoppiata di tal genere il “famolo strano” non è solo un tentativo di “non scontentare nessuno” ma una verità che nasce dalla storia quasi una predisposizione genetica. Questo matrimonio, nato per conquistare il centro e governare per il prossimo ventennio, è un matrimonio che può sopravvivere solo per qualche tempo e con molta fantasia. In tal senso anche il “famolo strano” può aiutare. Buona accoppiata!
Arriva anche BERLUSCONI
Dopo il “famolo strano” di Veltroni arriva Berlusconi!
Dopo il Partito Democratico avremo anche un nuovo partito del popolo!
Piatto ricco mi ci ficco!
Il piatto è naturalmente sempre il centro politico, quello dell’elettorato che non si identifica con la destra o con la sinistra. L’elettorato del “centro moderato”, quello che ha fato la fortuna della vecchia DC. Quello che oggi, più modernamente, si può aggregare con il “nuovismo”, con l’”anchismo”, con la distribuzione delle risorse una tantum, con le non scelte, o meglio con programmi e provvedimenti che puntano a raccogliere sempre e comunque consensi a prescindere da qualsiasi scelta politica di fondo, decisiva, vera. In questo la peculiarità italiana è salvaguardata in quanto, la classe politica del Bel Paese si identifica sempre più esclusivamente nel potere ed in coloro che lo detengono.
In tal senso la conquista del centro da parte del neonato PD e del futuro Partito di Berlusconi non sarà l’inciucio post-elettorale della grande coalizione ma certamente un ulteriore impoverimento dell’Italia degli ideali e di quanti credono nell’alternativa di governo ( come accade nei paesi a democrazia matura del nord-Europa, nord-America, ecc…) sottraendo agli elettori l’unico vero strumento di tutela democratica garantita dal voto (naturalmente con le preferenze).
Il potere, “la casta” innanzitutto!
Perché rischiare, per il rispetto dell’ambiente, per la difesa dei più deboli, ecc…di infastidire i poteri forti, rischiando di perdere le elezioni?
lunedì 12 novembre 2007
Anteprima dipendenza mediatica
- Con la tv, si ha il mondo in casa. Purtroppo, vederlo non aiuta la digestione.
Le guerre e i fatti di sangue, anche i più cruenti, accompagnano i pasti quotidiani dei telespettatori, viziati dalle meraviglie truculente, dell’informazione in tempo reale.
La visione di soap opere, a ciclo continuo, trasforma le disfatte familiari, in spettacolo ed anche le crisi più drammatiche (separazioni, tradimenti, ecc.,) vengono fatte rientrare nella normalità, se non nell’irreale del già visto, da dare per scontato, quanto la normalità.
Le storie individuali, i segreti familiari, i vissuti di ciascuno di noi, sono tritati e somministrati, come tanti appetitosi hamburger, nelle fiction e nelle soap opera.
Come tali “polpette preconfezionate”, sono guarnite con le salse più invitanti, così, queste specie di favole per adulti, sono arricchite dalla sontuosità degli arredi e dei panorami, mentre splendide musiche di sottofondo, accompagnano l’ingordigia di molti telespettatori, ma soprattutto di molte telespettatrici.
In particolare, il pubblico femminile, ma non solo, insegue con assiduità queste sagre infinite di vite vissute (fiction), o di storie di pura fantasia (soap opere), tanto assurde da sembrare vere, disperdendo in questi “splendidi” prodotti di massa conflittualità e frustrazioni quotidiane con loro grande sollievo.
T. Adorno dice a tal proposito: “la psicologia del profondo penetra negli ultimi buchi, viene sottratta agli uomini, dalla cultura organizzata, anche l’ultima possibilità dell’esperienza del sé “.
La violenza, ripresa dalle cronache locali, nazionali ed internazionali, è presente in gran quantità negli “attesi” telegiornali, che con i loro servizi filmati, lasciano poco spazio alla fantasia e, nel ripetersi quotidiano, portano il pubblico dei telespettatori, sempre più video-dipendenti, ad una forma d'assuefazione, che può sfociare in comportamenti imitativi con le conseguenze che conosciamo o, ancor più grave, con la non reattività agli avvenimenti, anche a quelli più drammatici.
In quest’ultimo caso, lo spettatore, finisce col percepire la ripetitività come normalità.
(da “Il percorso- dal miracolo economico alla globalizzazione” Ed. Supernova)
I delitti di cronaca sono presentati come dei gialli serali stimolanti e ricchi di dettagli, conditi con dibattiti ed elucubrazioni degne di ben altre cause.
Anche i boss mafiosi sono trasferiti dalla cronaca alla soap opera, entrando nella logica del mercato mediatico a prescindere da qualsiasi altra valutazione, estranea all’auditing e quindi all’interesse di una compagnia quella della Rai che,peraltro vive con di una tassa iniqua caricata sulle spalle, ormai deformate, dei poveri cittadini.
domenica 12 agosto 2007
La casta ....riflessioni sull'etica
L’etica è una stronzata?
Cosa c’entra con la politica!
Se c’è La casta degli eletti ci sono anche gli elettori.
Se i partiti politici navigano a vista anche la democrazia, pur riconosciuta come un valore etico fondamentale, si trova immersa nelle nebbie, in balia del potere dominante, l’unico vero potere forte: quello economico, naturalmente libero da ogni ripensamento etico.
Passati di moda (meglio dire emarginati e fatti fuori dal sistema) i sogni, gli ideali ed il senso etico della vita, rimane solo la navigazione a vista, priva di rotta, misurabile solo sui chilometri macinati e sul carico raccolto.
Per molti l’etica, il chiedersi se ciò che accade o ci si accinge a fare, è bene o male, può apparire un esercizio inutile e faticoso: in altre parole, piuttosto che sbagliare rotta, meglio navigare a vista.
Purtroppo però, sostituire qualsiasi valutazione etica con il semplice riconoscimento della crisi dei valori, lascia un vuoto costante, quotidiano, che continua ad essere condizionato dal dominio del sistema economico.
La politica non è esente da questa crisi, ma anzi continua a navigare a vista, in acque dominate dal potere economico ( v.intercettazioni – banche – potentati economici – ecc…) godendo dei privilegi di una franchigia comportamentale (etica) dai limiti variabili, come variabile sembra l’intervento della legge.
In questo quadro, chiedersi se una cosa è giusta o sbagliata appare fatica inutile, una partita da boys scout, una stronzata che può solo rompere quando uno ha ben chiaro il proprio obiettivo.
In realtà è la corsa a questo o quell’obiettivo la vera stronzata. E’ questa corsa che sta trascinando intere generazioni, seminando soprattutto tra i giovani un nichilismo incosciente, una sofferenza diffusa, sottile ed instancabile che li accompagnerà tutta la vita.
Una vera sofferenza esistenziale per la quale il sistema ha approntato tanti succedanei più o meno forti e potenti (fare soldi - acquistare cose - stare alla moda - il successo - il denaro - il potere - l’apparire - ecc…) seguiti dal divertimento, inteso come diversivo anch’esso, naturalmente, omologato dalla moda del momento. Il risultato è che la vita passa da una forma di dipendenza ad un’altra, per fasi omologate dal sistema, alcune di queste eccitanti (es. carriera, ricerca del successo, sport divertimenti, ecc...) altre più o meno disgreganti (compresa la dipendenza da cocaina,eroina,ecc…): per tutti l’importante è mantenere un sano pragmatismo preparandosi ad essere competitivi.
Chi arriva primo vince, l’etica non conta.
I sistemi usati, le furberie, i furbastri ed i furbetti del quartierino, gli accordi tra politica e poteri economici, la corruzione legittimamente e strategicamente interrotta ed utilizzata ma mai finita (v. anche la cronaca di questi giorni) le raccomandazioni, la recente denuncia dei privilegi della casta (-recente- sta solo a sottolineare il ruolo dell’informazione giornalistica di sistema), le deviazioni vere ed inventate, le fregature dei meno abbienti ecc…
Tutto e valutato nella società come in un'azienda, esclusivamente sul risultato: l’etica, naturalmente, non conta. Conta, esclusivamente, quanto alla fine si è portato a casa.
Il sistema si preoccupa che tutti corrano verso i premi del palo della cuccagna, altri penseranno per loro, liberandoli dalle stronzate dell’etica e suggerendo con la moda ed altre figate il percorso migliore.
Per il mercato, che ha elevato la competitività a riferimento ideologico, nessun giovane o meno giovane deve sentirsi bloccato da domande sul bene o sul male.
Preoccuparsi degli effetti del prodotto sull’individuo, sul suo stile di vita, sull’ambiente, sul suo futuro non è un problema del mercato.
Preoccuparsi di perseguire obiettivi che tengano conto di quale società vogliamo, di quale mondo vogliamo non è un problema della politica che sembra ambire semplicemente, alla buona (con quali risultati…) amministrazione della cosa pubblica.
Cosa c’entra l’etica con tutto questo? Non c’è bisogno dell’etica!
Cosa c’entra l’etica con i soldi che guadagna un giocatore di calcio in Italia, o con le ricchezze ultrastellari di certi finanzieri che fanno girare capitali speculando sulla testa della gente?
Forse con gli stessi soldi potremmo strappare alla morte milioni di bambini affamati!
Cosa c’entra l’etica!
Tutte stronzate: “tanto al calcio non ci rinuncio e me ne frego dell’etica, del mercato, delle speculazioni finanziarie, dei compensi miliardari dei calciatori e della gente che muore di fame”.
Tanti ragionano così. Chi sta nel gioco, se ne frega beatamente del futuro e magari anche di quello di suo figlio. Ripeto, cosa c’entra l’etica?
In effetti, la confusione tra etica e morale religiosa (pur non considerando l’etica e la morale esattamente dei sinonimi) non è così lontana dalla realtà.
Con le ideologie, dichiarate retaggio ottocentesco e cacciate nell’armadio delle vesti logore, sono stati allontanati anche i fantasmi di qualsiasi forma di idealismo, di visione del mondo, di senso dell’azione, lasciando come unico riferimento alternativo il pragmatismo, tanto caro al sistema economico.
Pertanto, l’unico riferimento etico, in un paese dove il fascismo è stato sconfitto dalla storia, il socialismo è stato polverizzato da tangentopoli ed il comunismo sepolto dal muro di Berlino, rimane quello religioso.
Da qui la necessità per il mondo laico, della società civile e quindi anche della politica, di riconquistare un proprio spazio etico, come riferimento valoriale di una visione del mondo che riconosca al centro dei propri interessi l’uomo ed il suo ambiente liberandoli dal dominio del sistema di mercato.
Uno spazio quindi autonomo, dialettico, non fondato esclusivamente su pragmatismo, amministrazione dello stato e qualche manciata di welfare condiviso dalle parti sociali. Uno o più programmi fondati su principi etici ed ideali, laici ma non pregiudizialmente alternativi o antitetici all’etica religiosa.
L’importante è che sia effettivamente distinto ed autonomo, cosciente di discendere dall’aspirazione universale di veder affermati in ogni campo i diritti inalienabili di libertà, fraternità ed uguaglianza tra tutti gli uomini ed, oggi più che mai, tra tutti i popoli della terra.
Forse tra tante stronzate dare un senso etico alla nostra vita potrebbe ridarci il piacere di sognare, di credere in qualcosa, senza dipendere dalla continua conquista di cose, drogando le nostre esistenze, annientando gli ideali che, come diceva Schelling, sono per l’uomo come l’aria che respira.
In altre parole senza ideali la politica perde la propria ragion d’essere, i giovani soffocano ed il mondo muore.
(da ILPERCORSO ed. Supernova pag.264)
“ Gli individui, figli del sistema di mercato, sono avvolti da una spirale d'egocentrismo, concentrati sul sé in funzione di accumulo (di piacere e di cose), di egoismo ed indifferenza. Sentono di non contare più nulla, convinti di non poter influire su nulla, tutelati da un sistema che credono onnipotente, in realtà è il nulla che si lascia andare nel nulla: oltre il sogno l’illusione della realtà, oltre la realtà se non si riesce a sognare c’è solo il nulla.”
Cosa c’entra con la politica!
Se c’è La casta degli eletti ci sono anche gli elettori.
Se i partiti politici navigano a vista anche la democrazia, pur riconosciuta come un valore etico fondamentale, si trova immersa nelle nebbie, in balia del potere dominante, l’unico vero potere forte: quello economico, naturalmente libero da ogni ripensamento etico.
Passati di moda (meglio dire emarginati e fatti fuori dal sistema) i sogni, gli ideali ed il senso etico della vita, rimane solo la navigazione a vista, priva di rotta, misurabile solo sui chilometri macinati e sul carico raccolto.
Per molti l’etica, il chiedersi se ciò che accade o ci si accinge a fare, è bene o male, può apparire un esercizio inutile e faticoso: in altre parole, piuttosto che sbagliare rotta, meglio navigare a vista.
Purtroppo però, sostituire qualsiasi valutazione etica con il semplice riconoscimento della crisi dei valori, lascia un vuoto costante, quotidiano, che continua ad essere condizionato dal dominio del sistema economico.
La politica non è esente da questa crisi, ma anzi continua a navigare a vista, in acque dominate dal potere economico ( v.intercettazioni – banche – potentati economici – ecc…) godendo dei privilegi di una franchigia comportamentale (etica) dai limiti variabili, come variabile sembra l’intervento della legge.
In questo quadro, chiedersi se una cosa è giusta o sbagliata appare fatica inutile, una partita da boys scout, una stronzata che può solo rompere quando uno ha ben chiaro il proprio obiettivo.
In realtà è la corsa a questo o quell’obiettivo la vera stronzata. E’ questa corsa che sta trascinando intere generazioni, seminando soprattutto tra i giovani un nichilismo incosciente, una sofferenza diffusa, sottile ed instancabile che li accompagnerà tutta la vita.
Una vera sofferenza esistenziale per la quale il sistema ha approntato tanti succedanei più o meno forti e potenti (fare soldi - acquistare cose - stare alla moda - il successo - il denaro - il potere - l’apparire - ecc…) seguiti dal divertimento, inteso come diversivo anch’esso, naturalmente, omologato dalla moda del momento. Il risultato è che la vita passa da una forma di dipendenza ad un’altra, per fasi omologate dal sistema, alcune di queste eccitanti (es. carriera, ricerca del successo, sport divertimenti, ecc...) altre più o meno disgreganti (compresa la dipendenza da cocaina,eroina,ecc…): per tutti l’importante è mantenere un sano pragmatismo preparandosi ad essere competitivi.
Chi arriva primo vince, l’etica non conta.
I sistemi usati, le furberie, i furbastri ed i furbetti del quartierino, gli accordi tra politica e poteri economici, la corruzione legittimamente e strategicamente interrotta ed utilizzata ma mai finita (v. anche la cronaca di questi giorni) le raccomandazioni, la recente denuncia dei privilegi della casta (-recente- sta solo a sottolineare il ruolo dell’informazione giornalistica di sistema), le deviazioni vere ed inventate, le fregature dei meno abbienti ecc…
Tutto e valutato nella società come in un'azienda, esclusivamente sul risultato: l’etica, naturalmente, non conta. Conta, esclusivamente, quanto alla fine si è portato a casa.
Il sistema si preoccupa che tutti corrano verso i premi del palo della cuccagna, altri penseranno per loro, liberandoli dalle stronzate dell’etica e suggerendo con la moda ed altre figate il percorso migliore.
Per il mercato, che ha elevato la competitività a riferimento ideologico, nessun giovane o meno giovane deve sentirsi bloccato da domande sul bene o sul male.
Preoccuparsi degli effetti del prodotto sull’individuo, sul suo stile di vita, sull’ambiente, sul suo futuro non è un problema del mercato.
Preoccuparsi di perseguire obiettivi che tengano conto di quale società vogliamo, di quale mondo vogliamo non è un problema della politica che sembra ambire semplicemente, alla buona (con quali risultati…) amministrazione della cosa pubblica.
Cosa c’entra l’etica con tutto questo? Non c’è bisogno dell’etica!
Cosa c’entra l’etica con i soldi che guadagna un giocatore di calcio in Italia, o con le ricchezze ultrastellari di certi finanzieri che fanno girare capitali speculando sulla testa della gente?
Forse con gli stessi soldi potremmo strappare alla morte milioni di bambini affamati!
Cosa c’entra l’etica!
Tutte stronzate: “tanto al calcio non ci rinuncio e me ne frego dell’etica, del mercato, delle speculazioni finanziarie, dei compensi miliardari dei calciatori e della gente che muore di fame”.
Tanti ragionano così. Chi sta nel gioco, se ne frega beatamente del futuro e magari anche di quello di suo figlio. Ripeto, cosa c’entra l’etica?
In effetti, la confusione tra etica e morale religiosa (pur non considerando l’etica e la morale esattamente dei sinonimi) non è così lontana dalla realtà.
Con le ideologie, dichiarate retaggio ottocentesco e cacciate nell’armadio delle vesti logore, sono stati allontanati anche i fantasmi di qualsiasi forma di idealismo, di visione del mondo, di senso dell’azione, lasciando come unico riferimento alternativo il pragmatismo, tanto caro al sistema economico.
Pertanto, l’unico riferimento etico, in un paese dove il fascismo è stato sconfitto dalla storia, il socialismo è stato polverizzato da tangentopoli ed il comunismo sepolto dal muro di Berlino, rimane quello religioso.
Da qui la necessità per il mondo laico, della società civile e quindi anche della politica, di riconquistare un proprio spazio etico, come riferimento valoriale di una visione del mondo che riconosca al centro dei propri interessi l’uomo ed il suo ambiente liberandoli dal dominio del sistema di mercato.
Uno spazio quindi autonomo, dialettico, non fondato esclusivamente su pragmatismo, amministrazione dello stato e qualche manciata di welfare condiviso dalle parti sociali. Uno o più programmi fondati su principi etici ed ideali, laici ma non pregiudizialmente alternativi o antitetici all’etica religiosa.
L’importante è che sia effettivamente distinto ed autonomo, cosciente di discendere dall’aspirazione universale di veder affermati in ogni campo i diritti inalienabili di libertà, fraternità ed uguaglianza tra tutti gli uomini ed, oggi più che mai, tra tutti i popoli della terra.
Forse tra tante stronzate dare un senso etico alla nostra vita potrebbe ridarci il piacere di sognare, di credere in qualcosa, senza dipendere dalla continua conquista di cose, drogando le nostre esistenze, annientando gli ideali che, come diceva Schelling, sono per l’uomo come l’aria che respira.
In altre parole senza ideali la politica perde la propria ragion d’essere, i giovani soffocano ed il mondo muore.
(da ILPERCORSO ed. Supernova pag.264)
“ Gli individui, figli del sistema di mercato, sono avvolti da una spirale d'egocentrismo, concentrati sul sé in funzione di accumulo (di piacere e di cose), di egoismo ed indifferenza. Sentono di non contare più nulla, convinti di non poter influire su nulla, tutelati da un sistema che credono onnipotente, in realtà è il nulla che si lascia andare nel nulla: oltre il sogno l’illusione della realtà, oltre la realtà se non si riesce a sognare c’è solo il nulla.”
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